La Direttiva sulla fornitura di contenuti digitali, si incrocia con la direttiva sulla vendita di beni tangibili, che stiamo discutendo parallelamente, ma anche con altre normative, quali il regolamento generale sulla protezione dei dati personali e il codice delle telecomunicazioni.

Io sostengo la distinzione tra contenuti e servizi digitali, come avete potuto constatare dai miei emendamenti. Ampliare l’accezione di una definizione già vigente, come quella di contenuto digitale, è un approccio rischioso.

Meglio mantenere per i contenuti la definizione presente nella direttiva del 2011 sui diritti dei consumatori – definizione che comprende programmi informatici, applicazioni, giochi, musica, video o testi – e aggiungere la definizione di servizi digitali, che include servizi di cloud, file hosting, social media, piattaforme di condivisione video e audio come Youtube, servizi di messaggistica istantanea come Telegram e WhatsApp.

La domanda alla quale è forse più difficile trovare risposta è questa: quando abbiamo prodotti con un software inglobato, come uno smartphone o un elettrodomestico intelligente, quali regole e garanzie si applicano nel caso di difetto del bene, quelle della direttiva dei beni tangibili o quelle della direttiva sui contenuti digitali?

Dare una risposta netta è difficile. Dunque, a maggior ragione, la direttiva per l’acquisto di beni tangibili e quella per la fornitura di contenuti digitali non devono contenere elementi contraddittori.

Qui il mio intervento.